"Un altro mondo non solo è possibile, ma sta già prendendo forma.
Nelle giornate di calma, posso sentire il suo respiro.

Arundhati Roy


La Transizione: che cosa è, che cosa non è

PER FARSI UN'IDEA

Di Cristiano Bottone


Per farvi una prima idea di cosa sia la Transizione potreste cominciare da qui e scaricare il documento “Chi siamo e cosa facciamo” oltre ovviamente a consultare il sito internazionale del movimento (in inglese).  Magari aiuta anche farsi un’idea di cosa non è (vedi in fondo alla pagina). Se la cosa vi stuzzica, vi consigliamo la lettura del Manuale Pratico della Transizione, il libro attraverso il quale il movimento si sta diffondendo molto velocemente in tutto il mondo.
Potete acquistarlo on-line cliccando sul link qui sopra. In questo modo il 10% del prezzo di copertina verrà devoluto a Transition Italia. Oppure potete trovarlo o ordinarlo nelle librerie e ora anche in molte biblioteche pubbliche. Per una bibliografia essenziale su questo tema (siete avvisati – è immenso) date un’occhiata a questa zona del sito. C’è anche un film, in inglese ma sottotitolato in italiano, potete acquistarlo qui o vederlo su YouTube o presso le Iniziative di transizione italiane.
Partecipate a un Transition Talk
Forse uno dei modi migliori per capire il movimento di Transizione è partecipare a un Transition Talk, una sorta di conferenza/incontro in cui si spiega tutto per filo e per segno, con il grande vantaggio di poter fare domande e scambiarsi idee in tempo reale. Potete vedere nel nostro calendario se ne trovate uno che fa al caso vostro o decidere voi stessi di organizzarne uno richiedendo la presenza di uno dei facilitatori di Transition Italia. L’ultima possibilità è il fai da te, il manuale spiega come.
Unitevi ad un’Iniziativa o fondatene una
È possibile che nel luogo in cui vivete esita già un’Iniziativa di Transizione o che ci siano persone che stanno pensando di crearne una. Controllate sulla mappa nazionale e se non c’è nulla, beh… potete sempre fondarne una voi.

CHI SIAMO

Il movimento della Transizione, meglio conosciuto come movimento delle Transition Towns, è nato in Inghilterra nel 2006 nella città di Totnes dalle idee di Rob Hopkins.
Transition Italia nasce per facilitare e supportare la diffusione di questo entusiasmante processo collettivo sul territorio italiano.
Il nostro ruolo è quello di:
  • informare
  • ispirare
  • incoraggiare
  • supportare
  • e formare
coloro che intendono considerare, adottare, adattare e implementare il modello della Transizione all’interno della propria comunità avviando una Iniziativa di Transizione locale.
Stiamo preparando corsi, eventi, strumenti e tecniche, risorse e supporto per aiutare queste comunità in stretta collaborazione con tutte le realtà che nel mondo stanno sperimentando questo percorso.

 CHE COS'E' LA TRANSIZIONE

Di Cristiano Bottone


La Transizione è un movimento culturale impegnato nel traghettare la nostra società industrializzata dall’attuale modello economico profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza.
Analizzando più a fondo i metodi e i percorsi che la Transizione propone, si apre un universo che va ben oltre questa prima definizione e fa della Transizione una meravigliosa e articolatissima macchina di ricostruzione del sistema di rapporti tra gli uomini e gli uomini e tra gli uomini e il pianeta che abitano.

Transition è un movimento culturale nato in Inghilterra dalle intuizioni e dal lavoro di Rob Hopkins.
Tutto avviene quasi per caso nel 2003. In quel periodo Rob insegnava a Kinsale (Irlanda) e con i suoi studenti creò il Kinsale Energy Descent Plan un progetto strategico che indicava come la piccola città avrebbe dovuto riorganizzare la propria esistenza in un mondo in cui il petrolio non fosse stato più economico e largamente disponibile.
Voleva essere un’esercitazione scolastica, ma quasi subito tutti si resero conto del potenziale rivoluzionario di quella iniziativa. Quello era il seme della Transizione, il progetto consapevole del passaggio dallo scenario attuale a quello del prossimo futuro.
COM’È IL NOSTRO MONDO
L’economia del mondo industrializzato è stata sviluppata negli ultimi 150 anni sulla base di una grande disponibilità di energia a basso prezzo ottenuta dalle fonti fossili, prima fra tutte il petrolio. Più in generale il nostro sistema di consumo si fonda sull’assunto paradossale che le risorse a disposizione siano infinite.
Le conseguenze più evidenti di questa politica sono il Global Warming e il picco delle risorse, prime tra tutte il petrolio, una combinazione di eventi dalle ricadute di portata epocale sulla vita di tutti noi. Ci sono molti altri effetti che si sommano a questi, inquinamento, distruzione della biodiversità, iniquità sociale, mancata ridistribuzione della ricchezza, ecc.
La crisi petrolifera appare però la minaccia più immediata e facilmente percepibile dalle persone. Rob intuisce che è più semplice partire da questo punto e arrivare agli altri di conseguenza, un’intuizione che è probabilmente alla base della fulminea diffusione del suo movimento.
RISCOPRIRE LA RESILIENZA
Ma Rob è anche e soprattutto un ecologista e ha passato anni a insegnare i principi della Permacultura. Da questo suo background deriva la sua seconda intuizione: applicare alla logica della sua Transizione il concetto di resilienza.
Resilienza non è un termine molto conosciuto, esprime una caratteristica tipica dei sistemi naturali. La resilienza è la capacità di un certo sistema, di una certa specie, di una certa organizzazione di adattarsi ai cambiamenti, anche traumatici, che provengono dall’esterno senza degenerare, una sorta di flessibilità rispetto alle sollecitazioni.
La società industrializzata è caratterizzata da un bassissimo livello di resilienza. Viviamo tutti un costante stato di dipendenza da sistemi e organizzazioni dei quali non abbiamo alcun controllo. Nelle nostre città consumiamo gas, cibo, prodotti che percorrono migliaia di chilometri per raggiungerci, con catene di produzione e distribuzione estremamente lunghe, complesse e delicate. Il tutto è reso possibile dall’abbondanza di petrolio a basso prezzo che rende semplice avere energia ovunque e spostare enormi quantità di merci da una parte all’altra del pianeta.
È facile scorgere l’estrema fragilità di questo assetto, basta chiudere il rubinetto del carburante e la nostra intera civiltà si paralizza. Questa non è resilienza.
I progetti di Transizione mirano invece a creare comunità libere dalla dipendenza dal petrolio e fortemente resilienti attraverso la ripianificazione energetica e la rilocalizzazione delle risorse di base della comunità (produzione del cibo, dei beni e dei servizi fondamentali).
Lo fa con proposte e progetti incredibilmente pratici, fattivi e basati sul buon senso. Prevedono processi governati dal basso e la costruzione di una rete sociale e solidale molto forte tra gli abitanti delle comunità. La dimensione locale non preclude però l’esistenza di altri livelli di relazione, scambio e mercato regionale, nazionale, internazionale e globale.
LE TRANSITION TOWNS
Nascono così le Transition Towns (oramai centinaia), città e comunità che sulla spinta dei propri cittadini decidono di prendere la via della transizione.
Qui si evidenzia il terzo elemento di forza del progetto di Rob Hopkins, quello che lui ha creato è un metodo che si può facilmente imparare, riprodurre e rielaborare. Questo lo rende piacevolmente contagioso, anche grazie alla forza della visione che contiene, un’energia che attiva le persone e le rende protagoniste consapevoli di qualcosa di semplice e al contempo epico.
Possediamo tutte le tecnologie e le competenze necessarie per costruire in pochi anni un mondo profondamente diverso da quello attuale, più bello e più giusto. La crisi profonda che stiamo attraversando è in realtà una grande opportunità che va colta e valorizzata. Il movimento di Transizione è lo strumento per farlo.

CHE COSA NON E'

Di Cristiano Bottone

 Per capire chi siamo e cosa facciamo avrete modo di girovagare nel blog, nei siti delle varie Iniziative locali e farvi le vostre idee; vorrei invece spendere qualche riga per dire cosa non siamo, l’esperienza e le tante email arrivate in questi giorni mi dicono che potrebbe essere utile.
Cominciando da me: non sono il rappresentante di questo movimento, quindi anche quello che scrivo qui sotto è sostanzialmente il mio punto di vista.
  • Non siamo un movimento localista, non amiamo particolarmente l’autarchia, l’autosufficienza ad ogni costo e i bei tempi antichi.
  • Non pensiamo che il petrolio finirà domani mattina, ma sappiamo bene che non durerà per sempre.
  • Non siamo fanatici dell’autoproduzione, non siamo orticultori da assalto, non siamo nemici del progresso (purché di progresso si tratti).
  • Non vogliamo tornare indietro, vogliamo andare avanti, molto più avanti…
  • Non siamo propensi ad andare contro, ma tendiamo a lavorare con.
  • Non siamo qui per dare la colpa a qualcuno, ma per prenderci assieme la massima libertà e la massima responsabilità di ogni gesto.
  • Non siamo tristi, anzi, siamo convinti che se non ci stiamo divertendo c’è qualcosa che non va in quello che facciamo.
  • Non siamo emotivi, ma sappiamo bene quanto contano le emozioni nella nostra vita.
  • Non siamo una setta religiosa o una fratellanza mistica, però sì, degli uomini ci interessa anche l’aspetto spirituale e l’espressione artisticha, si sono generate in noi 5 minuti dopo essere scesi dagli alberi qualche milione di anni fa, non considerarli una componente importante sembrerebbe quantomeno ingenuo.
  • Non siamo catastrofisti, ma abbiamo il coraggio di osservare il mondo per quello che è.
  • Non siamo utopisti, sognatori, naïve, stiamo invece lavorando a uno dei più sofisticati ed entusiasmanti esperimenti di social innovation che sia apparso sul pianeta, supportato da tonnellate di ricerca scientifica e culturale, con un patrimonio di competenze e consapevolezze che cresce di giorno in giorno grazie a contributi provenienti da mezzo mondo.
  • Non siamo convinti di aver capito tutto e di avere una verità in tasca, facciamo quello che ci sembra possa dare risultati e siamo felici che altri facciano altro, viva la biodiversità anche nel campo dei processi di cambiamento.
  • Non siamo a caccia di iscritti, di voti, di petti su cui piazzare spillette o teste su cui calcare cappellini. La Transizione è ovunque anche dove noi non siamo mai stati.
  • Non siamo di destra, non siamo di sinistra, non siamo di sotto, non siamo di sopra, cerchiamo di operare in uno spazio che si colloca a un livello differente e quindi può accogliere tutti.
  • Non siamo un organizzazione classica, operiamo come un sistema che si autoorganizza con logiche molto vicine a quelle dei processi open source.
  • Non siamo in competizione con altri movimenti, associazioni, organizzazioni, anzi offriamo i nostri strumenti e le nostre piattaforme concettuali a chiunque le voglia utilizzare.
Fonte: transitionitalia.wordpress.com